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Sfogliando un volume di fotografie, quale possa essere uno di Yosef Koudelka, Lee Friedlander o Alex Webb, si può avere riprova dell’uso sagace che tali fotografi facevano di uno dei due maggiori elementi tecnici della fotografia stessa: l’apertura focale e l’effetto che ha sulla profondità di campo.
Per quanto io stesso non finisca mai di rimanere affascinato dal capace utilizzo di una ridotta profondità di campo per isolare il soggetto ritratto, ogni situazione necessita di un’attenta valutazione in merito a quali parametri tecnici maggiormente arricchiscano il risultato finale. La presenza di più elementi a fuoco predispone l’osservatore a interpretare la spazialità con la chiave del formato bidimensionale su cui si trova, permettendo all’immaginazione di espandere le dimensioni oltre i confini tipici del mondo reale: il soggetto si immerge nello sfondo, incastonandovici ed arricchendolo; l’occhio non si fa ingannare, ma la prospettiva diventa secondaria alla funzione narrativa di ciò che viene ritratto.